Warì


    
     Una recente ricerca sulla tribú brasiliana dei Warì appartenente al gruppo Txapakura, ha confermato che il cannibalismo veniva praticato sia sui nemici vinti, considerati alla stregua di selvaggina, sia, in forma compassionevole, sui parenti morti.
     I Warì, bellicosi e feroci, assalivano le tribù circostanti e dopo una battaglia vittoriosa ritornavano al proprio villaggio trascinandosi dietro quali prede i nemici uccisi e quelli catturati vivi.
     I malcapitati venivano cucinati e mangiati da quelli che erano rimasti nel villaggio senza partecipare alla battaglia ovvero donne, bambini ed anziani.
     I guerrieri non consumavano queste carni, perché in loro era cominciato ad entrare lo spirito dei nemici uccisi e quindi si sarebbero macchiati di autocannibalismo; si ritiravano nella casa degli uomini dicendosi sazi del sangue dei nemici. Rimanevano per lungo tempo volontariamente reclusi in modo da assimilare nei loro corpi l’energia vitale del nemico, limitandosi a bere la chicha, la bevanda ottenuta dalla manioca, e astenendosi da qualsiasi altro alimento.
     Evitavano in questo periodo anche i rapporti sessuali perché in tal caso l’energia virile proveniente dal sangue del nemico sarebbe passata attraverso lo sperma, alle loro mogli ed amanti.
     La reclusione terminava quando i guerrieri si sentivano sufficientemente forti perché in loro era ormai entrato lo spirito del nemico e quando le donne della tribù si erano stancate sia di preparare chicha per i loro uomini sia, soprattutto, della forzata astinenza erotica.